27 AGOSTO

“Se fossi oggi ad Aleppo che cosa direi ai miei amici di un tempo, al dottor Yasser, a Ibrahim, al comandante? Ora che una rivoluzione agonizzante è morta: definitivamente. Gli ultimi battiti del suo cuore barbarico hanno rombato come campane di bronzo. Con l’annuncio di Obama, ormai alla fine del mandato nell’estate del 2016, che per annientare i fanatici del califfo di Mosul l’America avrebbe colpito anche i «ribelli siriani». Fragili, inutili i distinguo del presidente: «Non aiutiamo il despota…». Sì: il dittatore siriano ha vinto. Ha giocato con cinismo le sue carte, ha fatto in modo che i suoi nemici diventassero i letali assassini islamisti, e alla fine ha incassato l’aiuto di quell’America che un anno prima voleva sbriciolarlo con le stesse bombe. Che cosa potrei dire ora ai miei amici siriani? Che loro avevano ragione e io torto. Sì, li abbiamo traditi. Sentimenti ormai logori quelli dell’orrore, della pietà, suscitati da quella rivoluzione. Un altro sentimento li ha sommati ed elisi: la noia. Quella tragedia siriana era noiosa. Ma non posso dir loro nulla: perché sono morti.”

Succede ad Aleppo. Domenico Quirico

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