Come non c’era nulla di superfluo nella sua persona, così anche nella condotta morale della sua vita cercava di equilibrare gli aspetti pratici dell’esistenza con le sottili esigenze spirituali. (…)
Procedeva a passo fermo e ardito; viveva secondo i suoi mezzi cercando di spendere ogni giornata, come ogni rublo, con un continuo severo instancabile controllo del tempo, del lavoro, delle forze dell’animo e del cuore.
Pareva che regolasse le sue gioie e le sue tristezze allo stesso modo in cui regolava il moto delle mani, dei passi, o come si comportava a seconda del buono o del cattivo tempo.
Finché pioveva, teneva aperto l’ombrello, soffriva, ciò finché durava il dolore, lo sopportava senza sgomento, rassegnazione, ma piuttosto con dispetto, con orgoglio, pazientemente, imputandone la colpa soltanto a sé stesso, senza mai attaccarlo (…)
Delle gioie godeva come un fiore colto lungo la strada, fino a che non gli si appassiva fra le mani, senza mai vuotare il calice fino alla feccia amara che è al fondo di ogni piacere.