Oggi, purtroppo, sono ancora troppe le persone scomparse e i cadaveri senza un nome.
Una storia sospesa
Come spiega Cattaneo nel libro “I diritti annegati”: “Un cadavere senza nome è una storia sospesa. La scomparsa di un familiare lascia i parenti nell’indeterminatezza, con gravi sofferenze. E blocca la vita delle persone: senza un certificato di morte, le vedove non possono risposarsi o ereditare i beni del congiunto. E i bambini non possono essere adottati dagli altri parenti rimasti in vita.”
Dati “post-mortem” e dati “ante-mortem”
Per identificare un corpo bisogna confrontare i dati “post-mortem” con quelli “ante-mortem”. Ovvero bisogna confrontare quello che si conosce del corpo senza vita – aspetto fisico, DNA; impronte digitali; impronte dei denti, etc – con ciò che ci è pervenuto della persona in vita – fotografie, campioni genetici, notizie odontoiatriche, Ma può anche aiutare la presenza di tatuaggi e/o cicatrici.
Un’altra tecnica di riconoscimenti dei cadaveri è la scansione 3D dei crani che consente di sovrapporre al computer la ricostruzione dei teschi con la trasposizione di eventuali foto del presunto proprietario del cadavere fornite da familiari e amici. Naturalmente, in caso di compatibilità, prima di legare il nome di una persona scomparsa a un corpo senza vita, si procede alla conferma del DNA.
Ri.Sc
L’Italia si è dotata di un data base Ri.Sc – Ricerca Scomparsi – gestito dalla polizia. Ma è ancora molto il lavoro da fare. Servirebbe un data base internazionale con parametri più precisi; e una maggiore collaborazione fra le polizie di tutto il mondo.
Dare un volto e una storia a un corpo
Dare un volto e una storia a un corpo vuol dire dare una tomba su cui piangere ai parenti. Vuol dire dare la possibilità a una famiglia di chiudere un capitolo doloroso e con dolore cercare di scrivere una nuova pagina della vita, perché la vita, a dispetto di qualsiasi sofferenza, va avanti con o senza la nostra autorizzazione.